Un libro per l’8 marzo: la storia di Giuditta

In vista dell’8 marzo voglio raccontarvi la storia di Giuditta, una donna di una bellezza strepitosa, diremmo oggi, e di grande intelligenza, che salvò un intero popolo da morte certa.

Perdonatemi l’eccessiva sintesi della storia: Giuditta, dopo essersi truccata e pettinata,dopo aver indossato i suoi vestiti più belli e i suoi gioielli più preziosi, si presenta dal generale che minaccia di distruggere la città in cui lei vive.

Lo affascina, lo incuriosisce, fino a che lui non decide di farla ubriacare e abusare di lei. Giuditta però ha previsto tutto: finge di bere, fa ubriacare lui e quando è cotto a puntino lo decapita, con l’aiuto di una donna che è con lei. Ebbene, non si tratta dell’eroina di un romanzo di Stieg Larsson bensì della protagonista dell’omonimo libro della Bibbia:

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La neve se ne frega, la recensione

E’ una meravigliosa favola utopistica quella raccontata in La neve se ne frega, romanzo pubblicato nel 2004 da Feltrinelli e scritto dalle mani un po’ poetiche e un po’ musicali di Luciano Ligabue, cantante e scrittore amato da fans di diverse generazioni. Ligabue, nelle vesti di scrittore, ci racconta solo uno dei tanti mondi (im)possibili che, pur essendo irrealizzabili davanti agli occhi del lettore, appaiono in realtà come giusti e onesti, molto più onesti del mondo in cui l’essere umano è costretto a vivere.
Il mondo raccontato dal cantante, un universo alieno regolato dal piano Vigor, appare come una società perfetta, giusta e democratica, dove la vita scorre al contrario e dopo ogni uomo ha il diritto di godere della tanto agognata felicità. I protagonisti sono DiFo e Natura e come ogni altro abitante del pianeta sono destinati a seguire un ordine vitale inverso: tutti nascono anziani e muoiono neonati, ognuno accompagnato dalla donna e dell’uomo ideale che gli è stato affidato e, con gli anni, realizzeranno gli obiettivi ai quali sono stati destinati trovando un proprio posto all’interno della società e assistendo ai cambiamenti dei loro corpi che si trasformeranno giorno dopo giorno, anno dopo anno, stendendo le rughe e le piaghe della loro pelle fino al periodo della giovinezza, anni di massimo splendore estetico, per giungere poi all’infanzia, giorni unici vissuti nell’innocente inconsapevolezza dell’ultimo obiettivo che ancora resta da raggiungere, la morte.

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E’ difficile parlare di sé, un’intervista a Natalia Ginzburg

Marino Sinibaldi, giornalista, ideatore e storico conduttore della trasmissione radiofonica Fahreneit, in onda ancora oggi su Rai Radio tre, intervistò Natalia Ginzburg nella primavera del 1990, circa un anno e mezzo prima che la scrittrice morisse.

L’intervista e gli interventi della Ginzburg registrati nelle quattro puntate della trasmissione radiofonica Antologia, sono stati poi trascritti e riproposti da Einaudi nel volume E’ difficile parlare di sé, che vede una l’autrice in copertina in una posa curiosa, mentre scruta l’osservatore, come a volerlo ammonire sui risultati dell’incontro.

Il volume è stato curato anche da Cesare Garboli, amico intimo della scrittrice, e da Lisa Ginzburg, sua nipote. Nel riproporre l’intervista, i curatori hanno deciso di tagliare o semplificare soltanto le domande e gli interventi dei giornalisti e di lasciare invece inalterate le risposte di Natalia Ginzburg, anche quando contenevano inesattezze o quando l’intervistata faceva confusione con le date.

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Acciaio, di Silvia Avallone: recensione

Acciaio” di Silvia Avallone (vincitore del Premio Campiello 2010) è un ritratto dolce-amaro della vita di milioni di persone in Italia. La scrittrice ventisettenne, tenta di descrivere con occhio giovane ma cinico una storia probabilmente comune alla grande maggioranza degli italiani: il dover fare i conti con le difficoltà della vita e con i naturali problemi economici.

Sebbene la sua prosa risulti interessante e caratterizzata da una lodevole capacità descrittiva, non sempre la storia risulta omogenea e ben organizzata: non di rado i punti di vista si accavallano e le storie sembrano troncate arbitrariamente

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Harry Potter, I love shopping e i libri più contestati del nuovo millennio

Secondo quanto riportato dall’Ala, American Library Association, l’intera saga di Harry Potter è al primo posto tra i libri più contestati del ventunesimo secolo. I motivi credono siano noti più o meno a tutti.

In sintesi, sembra che la lettura delle imprese del maghetto e dei suoi soci possa spingere bambini e ragazzi verso le arti della stregoneria e dare loro una visione irreale della vita, predisponendoli così ad incontri ed esperienze decisamente pericolosi.

Se pensate che simili contestazioni siano tipiche solo di alcune comunità protestanti d’oltreoceano, sappiate che anche molti esponenti del mondo cristiano, a volte anche cattolico, si sono lasciati andare a simili dichiarazioni. In rete, naturalmente, non è troppo difficile trovare argomentazioni contro la saga, anche in lingua italiana, se proprio volete curiosare. Io però mi chiedo: e della pericolosissima chick lit non parla nessuno?

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Sono come tu mi vuoi. Storie di lavori, la recensione

Sono molti i protagonisti di “Sono come tu mi vuoi. Storie di lavori” e tutti i nomi che compaiono tra le pagine del libro hanno un solo elemento in comune: il precariato, una situazione che accomuna oggi moltissimi giovani e meno giovani del panorama lavorativo italiano. Ogni voce all’interno del libro narra la propria posizione denunciando la situazione di incertezza e insoddisfazione nella quale tutti, a loro malgrado, sono costretti a vivere. Stipendi inadeguati, giorni di ferie mai retribuiti e giorni di malattia negati: condizioni dure da dover sopportare quando si ha un mutuo da pagare, un figlio da crescere o semplicemente la comprensibile urgenza di volersi staccare dal grembo materno e percorrere, finalmente, la propria strada. Avere tra le mani “Sono come tu mi vuoi. Storie di lavori”, magistralmente scritto dalla mano di ben diciotto scrittori, è come tenere per mano le voci che si nascondo dietro alle parole della narrazione, è come osservare i giovani disoccupati del nostro paese e, di riflesso, anche un po’ stessi.

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Il circo maledetto di Ann Featherstone

Il circo maledetto” di Ann Featherstone rientra senza dubbio nel genere thriller, ma al contempo guadagna senza paura di essere smentiti, il titolo di “visionario”. La scrittrice appare infatti in grado di saltellare con grazia e maestria da un colpo di scena all’altro.

Si potrebbe obiettare che questa sia una caratteristica di molti. Ciò che riesce a fare questa docente di storia del teatro all’Università di Londra, però ha una caratteristica in più: riesce a rendere credibile anche l’impossibile. Partendo, per prima cosa, dalla caratterizzazione dei suoi personaggi.

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Recensione di Stabat Mater, Tiziano Scarpa

Vincitore del Premio Strega 2009, Stabat Mater, romanzo di Tiziano Scarpa celebra l’arte musicale, grande passione dello scrittore. Attraverso la musica e un grande personaggio della storia artistica italiana, Tiziano Scarpa racconterà la storia di Cecilia, orfana lasciata alle cure delle suore dell’Ospedale della Pietà di Venezia, orfanotrofio della bella città veneta e domicilio, fin dalla nascita, della giovane donna. La solitudine, e un crescente senso di non appartenenza, covano dentro il petto di Cecilia un forte odio per la madre, una donna sconosciuta, alla quale la ragazzina scrive segretamente ogni sera: “Voi non mi avete partorita facendomi uscire dal vostro corpo, ma infilandomi in questo edificio”. I giorni dentro l’orfanotrofio scorrono uguali, tutti scanditi dal talento musicale della giovane, scoperto in tenerà età, coltivato giorno dopo giorno e affinato attraverso le corde di un violino, strumento musicale e insieme voce dell’adolescente.Attraverso la musica, dettata da un vecchio prete dell’orfanotrofio e della chiesa cittadina, Cecilia proverà ad esprimere se stessa e a ribellarsi al destino al quale, senza poter scegliere, è stata indirizzata ossia quello di attendere che la madre torni per salvarla e riportarla a casa o che, scelta da un facoltoso signore, la ragazzina possa trovare marito e vivere finalmente una vita come quella di tutte le suo coetanee.

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Paul Auster, il Purgatorio e un’intervista

Paul Auster, come Philip Roth, è uno di quegli autori che ammiro moltissimo e di cui riconosco la maestria, ma cui non riesco ad appassionarmi. Lo trovo, come uomo, affascinante e la sua scrittura, in qualche modo, è proprio il genere di scrittura che amo, ma ahimè il mio cuore non cede di fronte ai suoi scritti.

Poiché sono una lettrice testarda, anni fa mi sono recata in biblioteca e ho preso in prestito quasi tutti i suoi romanzi e me li sono letti, prendendo appunti e cercando, inutilmente, tra i miei amici, qualcuno che avesse tra gli scaffali almeno uno solo di questi tomi, per potermi confrontare.

Ad ogni modo, visto che non riuscivo ad innamorarmi, ad un certo punto ho troncato questa relazione senza sbocchi e mi sono fermata proprio prima dell’uscita di Follie di Brooklyn, edito in Italia da Einaudi.

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Il purgatorio ha avviato il capitalismo, parola di Le Goff

Jacques Le Goff, medievalista, viene giustamente definito sul sito Einaudi uno dei maestri della storiografia contemporanea. Il suo La nascita del purgatorio è un libro non recente (è stato pubblicato da Einaudi nel 2006, ma è degli anni ’80), ma davvero interessante oltre che comprensibilmente molto contestato dalla cultura cattolica.

Sintetizzarlo, vi avviso, è davvero molto difficile e rischio di essere imprecisa, ma vediamo se riesco a dire quanto basta per incuriosirvi. Dunque, il mondo medievale è un mondo che vive di rapporti fra due elementi opposti tra loro: bene e male, paradiso e inferno, ricchi e poveri. Lentamente però, qualcosa si muove e i massimi sistemi di pensiero devono cominciare a fare i conti con una nuova visione del mondo.

Tra i ricchi e i poveri, per dirne una, comincia lentamente a insinuarsi una nuova classe sociale, quella dei commercianti e della borghesia. Il borghese è in genere un povero, che cerca di emanciparsi dalla sua condizione e va, come si suol dire, a cercar fortuna.

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